...NON VIENE UMILIATA SOLO LA VITA DI CHI E' VITTIMA DELL'INGIUSTIZIA, MA VIENE UMILIATO IL CONCETTO STESSO DI UMANITA'.
Bisogna dare una risposta adeguata per prevenire tutti i crimini maschili contro le donne e i minori, come peraltro raccomandato più volte allo Stato italiano dal Comitato per l’attuazione della CEDAW (Convenzione ONU per l’eliminazione di ogni forma di violenza nei confronti delle donne).
Si deve prendere atto che in Italia c’è un diffuso clima culturale sessista che permea non solo chi commette questi reati, ma qualche volta anche chi è chiamato a decidere sugli stessi. Molto spesso ad esempio nei reati di violenza sessuale la valutazione della gravità della condotta è sempre più ravvisata quando l’azione è commessa da un estraneo e su strada; al contrario, per le violenze che avvengono all’interno delle relazioni di lavoro, familiari, amicali, molto spesso viene riconosciuto un minore disvalore sociale, che a volte si traduce addirittura nella applicazione di una pena nei limiti della sospensione condizionale.
Quale tutela per queste donne? Ovvero, quale tutela per la maggior parte – statisticamente parlando – delle vittime di violenza sessuale? Il problema è culturale, e si risolve da un lato decostruendo gli stereotipi patriarcali sul ruolo della donna all’interno della società, e dall’altro con una adeguata formazione.
E’ tempo, anche in Italia come nel resto dell’Europa, di iniziare ad approcciare al gravissimo fenomeno criminale della violenza maschile sulle donne non soltanto attraverso l’utilizzo dello strumento penale, ma anche migliorando ed implementando l’utilizzo della legge 154/2001 "Misure contro la violenza nelle relazioni familiari" e dunque degli ordini di allontanamento, fornendo ascolto e supporto effettivo, anche e soprattutto in termini psicologici ed economici, alle donne che denunciano di essere vittime di tali crimini durante la fase delle indagini e del procedimento penale.
E’ necessaria una formazione adeguata per valutare la situazione di rischio specifico che la donna corre nel momento in cui sceglie di denunciare la violenza che subisce.
Sarebbe opportuno provvedere alla formazione specifica delle forze dell’ordine e della magistratura,affinché venga garantita la protezione delle vittime di tali reati, con un uso adeguato di tutte le misure cautelari previste dal nostro ordinamento.
Questo richiede molte più risorse ovviamente, forse è per questo che nessuno ha il coraggio di parlarne. Ma è questo quello che le donne che denunciano si aspettano: non vendetta, ma protezione, e il ritorno a una vita libera dalla violenza. Questo è diritto fondamentale che lo Stato ha l’obbligo di garantire sì, ma con gli strumenti adeguati.
L’incolumità psico-fisica della vittima non trova la sua massima tutela solo nella privazione della libertà dell’indagato anche in fase di indagini, ma soprattutto in una rete di protezione che è obbligo del Governo prevedere, garantire e attuare.
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